Questo è il breve racconto dell’affascinante e tormentata storia di uno dei più importanti centri culturali di tutti i tempi: la Biblioteca di Alessandria. Alessandria d’Egitto (al-Iskandariyya; Alexándreia; Alexandrea ad Aegyptum in arabo, greco e latino) si trova sulla costa mediterranea dell’Egitto, a pochi chilometri a ovest del delta del Nilo (oggi è la seconda città egiziana e il maggiore porto nazionale). La biblioteca venne edificata nel III secolo a.C. sotto la dinastia tolemaica, come corpo annesso al “museion”, l’edificio dedicato alle figlie nate dal rapporto di zeus con mnemosýne (divinità della memoria), ossia le muse, le divinità ispiratrici delle arti. La biblioteca era governata da una folto gruppo di esperti sotto la direzione di un soprintendente che veniva nominato direttamente dal faraone; secondo alcune fonti la biblioteca arrivò a contenere quasi 500 mila “rotoli” (così erano fatti i libri di allora; per questo ancora oggi si dice “volume”). Quando i volumi raccolti furono troppo numerosi si rese necessaria l’edificazione di una seconda struttura: il “Serapeo” (“Il Serapeo, il cui splendore è tale che le semplici parole possono solamente sminuirlo…”; Ammiano Marcellino, storico romano). La biblioteca è probabilmente da mettere in relazione anche con la contemporanea impresa di tradurre l’Antico Testamento dall’ebraico al greco; traduzione conosciuta come “Bibbia dei Settanta” (o Septuaginta).
Gli ambiti tematici della biblioteca e i curatori coprivano tutti i campi del fiorente sapere ellenistico: filosofia, matematica, poesia, lessicografia, filologia, retorica, geografia, astronomia etc.
Le fonti e i documenti relativi alla vita e alle distruzioni della biblioteca di Alessandria sono molti ma non di rado incerti, incompleti e contraddittori, per cui una ricostruzione storiograficamente fedele e completa dei fatti è estremamente difficile; a tale riguardo è opportuno considerare due importanti premesse. La prima consegue al fatto che l’Egitto, come tanti altri territori mediterranei e mediorientali, era profondamente influenzato dalla cultura “ellenistica” di origine greco-romana (che la storiografia colloca fra il IV e il I a.C.) al punto che quella tolemaica è considerata dagli storici una dinastia greco-egizia (molto probabilmente discendente da un ex generale di Alessandro Magno; 356 a.C. – 323 a.C.), ). La seconda premessa costituisce in realtà un chiarimento: la filosofia, la matematica e la cultura ellenistiche, spesso considerate come massima espressione del pensiero laico e razionale, erano non di rado influenzate dallo “gnosticismo”, ossia un articolato complesso di credenze, religioni, riti etc. che, attraverso la conoscenza, ritenevano di pervenire alla verità divina; un percorso che implicava l’iniziazione, l’osservanza di rigide regole e gerarchie, i maestri, la “schola” e, talvolta, la natura settaria. Sfortunatamente le scuole erano molte e questa proliferazione favorì da un lato conflitti ed eresie e, dall’altro, il sincretismo, ossia la fusione e l’adattamento reciproco fra filosofie e religioni diverse. Tale caratterizzazione gnosticista è considerata da diversi storici come una delle possibili ragioni alla base delle famose “distruzioni” cui, nei secoli, sarebbe stata sottoposta la biblioteca di Alessandria da parte di religioni ostili allo gnosticismo, quali il cristianesimo e l’islam. Le ripetute distruzioni della biblioteca di Alessandria costituiscono ancora oggi uno degli snodi interpretativi più complicati e controversi, comprendenti anche la possibilità che alcuni incendi siano avvenuti per cause meramente accidentali e che taluni condottieri ne abbiano letteralmente inventato e rivendicato la distruzione al solo scopo di rafforzare il proprio credito fra i seguaci.
Gli eventi distruttivi più accreditati o ritenuti possibili dalla storiografia ufficiale sono ristretti a quattro circostanze: l’incendio del 48 a.C. attribuito, ma con molti margini d’errore, a Giulio Cesare; la distruzione avvenuta durante la campagna dell’imperatore Lucio Domizio Aureliano contro Zenobia di Palmira (270 d.C. circa); l’editto contro il paganesimo dell’imperatore Flavio Teodosio I (400 d.C. circa); l’incendio durante l’occupazione araba del 642 d.C. su comando del califfo Omar. Come si è detto sopra, i saperi di natura settario-scolastica erano guardati con grande sospetto dai capi politico-religiosi. Si racconta che, quando gli arabi incendiarono la biblioteca, usarono i libri come combustibile per riscaldare l’acqua dei bagni riservati all’esercito e che questi mantennero il fuoco attivo per sei mesi (ma anche questo racconto è da prendere come elemento da repertorio narrativo).
La continuazione di questo esperimento storico è l’attuale “Bibliotheca Alexandrina”, inaugurata in Alessandria d’Egitto il 16 ottobre 2002, su iniziativa dell’UNESCO, con finanziamenti arabi e progetto norvegese. Attualmente è una delle più importanti biblioteche del mondo.